La parola "compassione" deriva dal latino compassio, compassionis, che è composto da:
com- = insieme
passio = sofferenza, patimento (dal verbo patior, “soffrire”)
Etimologicamente, "compassione" significa "soffrire insieme", "provare dolore con un altro".
Significato attuale:
La compassione è il sentimento di empatia profonda verso la sofferenza altrui, unita al desiderio di alleviarla o condividerla. Non è solo “sentire dispiacere”, ma è un coinvolgimento attivo: ti mette in relazione con l’altro, crea un legame.

La self-compassion, o auto-compassione, è la capacità di trattare sé stessi con gentilezza, comprensione e accettazione nei momenti di difficoltà, fallimento o sofferenza.
Invece di giudicarsi duramente, la persona auto-compassionevole riconosce che soffrire e commettere errori è parte dell’ESPERIENZA UMANA.
Secondo la psicologa Kristin Neff, che ha studiato approfonditamente questo concetto, la self-compassion si basa su tre elementi principali:
- Gentilezza verso sé stessi: essere comprensivi invece che critici quando si sbaglia o si soffre.
- Umanità condivisa: riconoscere che la sofferenza e l’imperfezione fanno parte dell’esperienza umana e non isolano, ma uniscono.
- Mindfulness (consapevolezza): essere presenti e consapevoli delle proprie emozioni, senza esagerarle né sopprimerle.
Ecco alcuni modi pratici per coltivare la self-compassione nella vita quotidiana:
1. Parlati con gentilezza
Fai i conti con il tuo giudice interiore e sostituisci il DIALOGO INTERNO CRITICO con frasi più comprensive.
Esempio: invece di dire "Sono un disastro", prova con "Sto facendo del mio meglio, è normale sbagliare ogni tanto". Oppure "Ho sbagliato, succede, l'importante é imparare dai propri errori".
2. Pratica la mindfulness
Prenditi un momento per notare come ti senti senza giudicare. Anche solo respirare consapevolmente per 1-2 minuti aiuta a riportare equilibrio e lucidità.
3. Riconosci che non sei solo
Ricorda che tutti soffrono, sbagliano o si sentono inadeguati. Non sei l’unico a passare un momento difficile.
4. Tocchi rassicuranti
Un gesto fisico come mettere una mano sul cuore, abbracciarti o accarezzarti il braccio può attivare il senso di sicurezza e conforto. Molto utile, ad esempio, il tapping.
5. Crea un rituale di gentilezza quotidiano
Può essere una frase da ripeterti ogni mattina ("Merito amore e rispetto"), da scrivere su un post it sopra il tuo specchio, oppure un momento di pausa e presenza con una tisana, o una camminata consapevole.
6. Scrivi una lettera a te stesso
Scrivi una lettera come se fossi un amico premuroso che ti consola e ti incoraggia in un momento difficile.

ESERCIZIO
“Scriversi una lettera compassionevole”:
- Ora pensa a qualcosa per cui solitamente ti critichi o verso cui sperimenti un senso di
vergogna. Può essere qualcosa che è successo, oppure una tua caratteristica contro
cui solitamente “ti accanisci”… lascia emergere le sensazioni negative che provi
quando ti focalizzi su questo aspetto di te.
- Chiudi gli occhi e gentilmente entra in un ritmo respiratorio calmante…
- Quando senti che il tuo corpo e la tua mente hanno rallentato, invita il tuo sé
compassionevole (o la tua immagine compassionevole) a prendere la parola e
scrivere una lettera diretta a te stesso rispetto a questo elemento/evento/situazione verso cui ti critichi e che ti fa soffrire.
- Entra in contatto con le qualità di saggezza e non giudizio, di forza e solidità, e soprattutto focalizzati sul profondo desiderio di aiutare la persona che riceve questa lettera, il profondo desiderio che quella persona sia felice e possa sentirsi capita e sostenuta in tutte le difficoltà che sta affrontando..
- A partire da questa prospettiva, inzia a scrivere una lettera che inzi proprio con
"Cara/o il tuo nome”…
- Non c’è una struttura definita ma queste potrebbero essere alcune cose che la lettera potrebbe contenere:
Ricordare quanto “non sei solo/a” a sperimentare quello che stai vivendo…
Notare, empatizzare con il dolore “capisco che sei triste in questo momento…vedo che ti senti molto stanco e che avresti bisogno che qualcuno ti rassicurasse...”
Validazione: ed è chiaro, comprensibile che tu ti senta così…stai attraversando un momento in cui.....Capisco anche perché fai questo tipo di pensieri.…
Se senti che durante la scrittura ti stai “perdendo” in pensieri o giustificazioni, focalizzati nuovamente su ciò che la tua immagine compassionevole vorrebbe dirti, che vorrebbe che tu sapessi. Immagina quello che tu potresti voler dire a un tuo caro amico in difficoltà, immagina le parole che vorresti ti fossero sussurrate e che ti farebbero provare un senso di vera gratitudine “grazie per dirmi queste parole….era quello che avevo bisogno di sentirmi dire in questo momento”… che cosa avresti davvero bisogno di sentirti dire in questo momento?...
Attenzione ad avere aspettative rispetto all’”outcome”: è una lettera che deve aiutarci a stare con il dolore e non tentare di eliminarlo – NON è UNA LETTERA CHE DA SOLUZIONI ma che veicola principalmente una sensazione di comprensione, compassione, calore e presenza solida e incondizionata…
Se vuoi scrivere un suggerimento rispetto a cosa cambiare, prova a
immaginare come potrebbe essere scritto in una lettera
compassionevole…quali comportamenti possono davvero essere d’aiuto alla persona che legge questa lettera (te stesso)… qual è il modo migliore di scriverli e di farli arrivare in modo che tu ti senta DAVVERO ascoltato e compreso.
Leggersi la lettera può entrare a far parte della pratica – ma poni l’intenzione prima delle parole: come leggeresti questa lettera a qualcuno che vuoi “veramente raggiungere”…quale tono di voce, quale velocità utilizzeresti…quali pause faresti?
Buona scrittura!